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Meno ore, pari salario. Quella demagogia che uccide le aziende

Uno dei principi dell'economia è quello del massimo risultato per il minimo sforzo

Meno ore, pari salario. Quella demagogia che uccide le aziende

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Uno dei principi dell'economia è quello del massimo risultato per il minimo sforzo. È una regola generale che quindi vale sia per gli imprenditori, sia per i dipendenti. Chi allora avverserebbe mai l'ipotesi di dover lavorare un numero inferiore di ore per il medesimo stipendio?

La proposta di Elly Schlein (foto) nasce da qui. All'interno della scienza politica, però, queste tesi sono definite «populiste». Perché anche se a parole la sinistra Ztl predica contro ogni forma di demagogia, a ben guardare razzola malissimo. Non ha infatti alcun senso calare dall'alto sulle imprese questo tipo di scelta, ignorando i conti e trascurando la possibilità che esse non riescano a reggere sul mercato. Per tale ragione molti dipendenti comprendono che non è tutto oro quello che luccica: e certo non sarebbe un bell'affare lavorare qualche ora in meno per un breve lasso di tempo per poi però trovarsi disoccupati. Va aggiunto che in Italia ci sono aziende che hanno già intrapreso quella strada. È normale, in taluni settori e con certe maestranze, che hanno una notevole forza contrattuale. Se si immagina però di dirigersi verso una medesima soluzione per tutti, però, in spregio a quel poco che rimane di autonomia contrattuale, si mettono a rischio molte aziende che ogni giorno si battono per sopravvivere.

Nelle parole della Schlein c'è anche un autogoal, quando la segretaria del Pd afferma che già ora il lavoratore italiano ha un tasso di produttività inferiore a quello tedesco, anche se lavora di più del suo collega. Ecco: il nostro sistema è talmente burocratico e statizzato che pur faticando di più otteniamo meno. Figuriamoci cosa succederebbe se la politica dovesse indirizzare verso scelte come quelle indicate dalla sinistra!

Queste prese di posizione sono dettate dal fatto che le elezioni sono alle porte. Un Pd che finora ha giocato tutte le sue carte sulle questioni di genere e sui temi ambientali (ignorando il mondo del lavoro) prova ora a tornare a temi del passato: anche perché Cipputi non è sparito nel nulla. Sappiamo inoltre che la vicinanza tra la Cgil di Maurizio Landini e i 5Stelle preoccupa gli eredi del Pci e anche questo può aver spinto ad assumere posizioni populiste.

Quanti pretendono di svolgere un ruolo dirigente in questa Italia declinante non dovrebbero però continuare a proporre nuovi vincoli e norme. Il mercato del lavoro è un tema serissimo, ma è un universo che semmai ha bisogno di vedere liberalizzati i rapporti tra aziende e lavoratori, in modo che l'occupazione cresca e le preferenze delle prime e dei secondi possano incontrarsi più facilmente.

In qualche modo, la stessa Schlein sembra consapevole della fragilità della nostra economia e del generale impoverimento che si sta conoscendo: infatti, per arrivare a una totale trasformazione del rapporto ore/salario propone forme di «sperimentazione». Per fare questo, però, è sufficiente aprire maggiori spazi di autonomia negoziale, sfrondare i libroni in cui è racchiuso il nostro diritto del lavoro e quindi dirigersi verso una riabilitazione del contratto.

E non è detto che un lavoratore preferisca necessariamente meno ore allo stesso salario, invece che le medesime ore con un salario accresciuto.

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