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Scurati, scrittore "anti tutto" che ha spettacolarizzato il Duce

Milanese nato a Napoli, l’intellettuale è diventato famoso con il romanzo-saggio "M. Il figlio del secolo" divenuto pièce teatrale e a breve serie tv. Quando disse a Bruno Vespa sul palco della Fenice: "Se dovessi uccidere qualcuno, questo sarebbe lei"

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Le biografie dicono che è nato a Napoli, ma è milanese: di Cusano Milanino. La critica che è un romanziere, quando invece è un ottimo saggista. E tutti credono sia di sinistra, e semmai è un convinto conservatore: basta leggere i suoi articoli su società, scuola, famiglia, cancel culture... Solo che non sopporta né la destra di oggi, quella della Meloni, né quella di ieri, di Berlusconi. Uno di quei casi in cui l’antiberlusconismo di maniera prima e l’antifascismo di ritorno poi ti fanno sentire migliore senza per forza esserlo.

Papà dirigente della Rinascente, di Cusano Milanino, mamma napoletana, commessa della stessa catena di magazzini, una laurea in Filosofia all’Università Statale negli anni tra la Milano da bere e Tangentopoli, Antonio Scurati – già firma della Stampa, oggi del Corriere della sera – è fra i migliori scrittori della sua generazione, quella che una quindicina d’anni fa si ribattezzò «TQ», Intellettuali Trenta-Quarantenni che volevano lanciare una sfida all’establishment culturale e ai cattivi maestri per poi occupare loro il mondo dell’editoria, dei festival, dei giornali e della televisione. Ci sono riusciti. Docente di Letterature comparate all’Università IULM e soprattutto fine studioso dei mass media, è uno dei pochi che ha saputo caricare il proprio lavoro letterario, esaltandolo, di efficaci risvolti mediatico-spettacolari.

Fra gli addetti ai lavori si fece conoscere nel 2005 non tanto per aver vinto il premio Campiello con Il sopravvissuto, che inizia con una strage in una scuola, ma per aver detto a Bruno Vespa, sul palco del teatro La Fenice e in differita televisiva, «Se dovessi uccidere qualcuno, questo sarebbe lei». Si riferiva a Porta a Porta come sublimazione di quell’informazione-spettacolo che ai suoi occhi mischiava pericolosamente realtà e finzione, autenticità e artificiosità. Gesto che non era un attacco personale al conduttore, ma la sintesi di tutto ciò che da docente di Teorie e tecniche del linguaggio televisivo aveva insegnato per anni. Così come è diventato famoso al grande pubblico quando, nel 2018, pubblicò M. Il figlio del secolo, un romanzo scritto come un saggio (nulla di ciò che è narrato è inventato), primo volume di una tetralogia sul personaggio più pop, massmediatico e nazionalpopolare della nostra storia, Benito Mussolini. Riuscendo per di più a riappacificare il successo commerciale con il consenso della critica.

Il libro vinse il premio Strega, rimase in vetta alle classifiche per due anni consecutivi, è stato tradotto in quaranta Paesi, diventato uno spettacolo teatrale e – a breve – anche una serie tv prodotta da Sky. In tutto, finora, la saga su Mussolini e il fascismo ha venduto mezzo milione di copie. E manca ancora il quarto capitolo. Del resto, è da quando uscì il primo, settembre 2018 – governo Conte, Di Maio e Salvini – che Scurati è preoccupato delle inquietanti analogie rispetto al Ventennio, visto che «il clima sociale e politico di allora manifesta agghiaccianti analogie con quello odierno», come diceva all’epoca e come ripete oggi. In un’intervista pochi giorni dopo la nomina a premier di Giorgia Meloni, pronti via, la definì «erede di Mussolini».

L’antifascismo non dorme mai. E Scurati è l’Insonne. La verità è che lo scrittore - ombroso, permaloso, determinato e abituato alle pubbliche condanne (quando firmò un articolo a favore del fumo all’aperto subì la gogna dallo stesso giornale su cui l’aveva scritto) non ha mai avuto dubbi sulla natura eversiva del partito della Meloni. Ripeterlo in una trasmissione di risulta dal 3% di share non avrebbe sorpreso nessuno. La Rai, il governo e il pubblico se lo sarebbero potuti permettere senza problemi, senza sorprese, senza drammi e senza danni. Invece per il combinato disposto di un dirigente più meloniano della Meloni, una conduttrice affamata di visibilità e la solita canea degli intellettuali di appelli e di antiregime, il monologo di Antonio Scurati, il Piero Gobetti di questi tempi noiosi e sventati, è stato trasmesso a siti e social unificati prima ancora di essere censurato.

Per fortuna c’è il Salone del libro di Torino dove a breve Antonio Scurati parlerà coram populo di «Fascismo e populismo» con Annalisa Cuzzocrea (e non sappiamo nemmeno se è un upgrade rispetto a Serena Bortone). Comunque, Save the date.

Aspettando il prossimo martire di Governo.

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