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Lega: "Un attentato il voto facile agli stranieri"

Altolà del Carroccio alla proposta del presidente della Camera. Calderoli: "Democrazia in pericolo, così si espropria la volontà popolare. Garantiamo prima i diritti agli italiani"

Lega: "Un attentato il voto facile agli stranieri"

Roma - Alt! Indietro tutta. Altro che tempi dimezzati per ottenere la cittadinanza, voto anticipato agli immigrati. Il Carroccio torna a farsi sentire. E dice no, con forza, a ogni tentativo di modificare lo status quo. Proprio mentre il Pdl si divide un po’ sulla proposta rilanciata da Gianfranco Fini. «Ispiratore» della proposta di legge bipartisan, ammette il primo firmatario Fabio Granata, depositata - tra i mugugni della maggioranza dei suoi colleghi di partito - insieme al democratico Andrea Sarubbi.

Così, nel giorno in cui ci si interroga sull’accelerazione al dibattito impressa dal presidente della Camera, il Carroccio prende le distanze in maniera netta. «Portare avanti il modello di cittadinanza facile è sbagliato - sottolinea Roberto Cota, capogruppo alla Camera - perché vorrebbe dire attirare sul nostro territorio milioni di immigrati che noi non possiamo accogliere». Ancora più tranchant è Roberto Calderoli: «Dare agli immigrati il voto anticipato è un attentato alla democrazia e un esproprio della volontà popolare». Un punto sui concorda Ignazio La Russa: «Ha ragione, il voto va dato a chi è cittadino italiano, ma il problema è stabilire chi lo sia».

Ma tant’è. Per il ministro alla Semplificazione, «chi ha responsabilità di governo ha l’obbligo di garantire i diritti ai propri cittadini e richiederne i doveri». Tanto da chiedersi: «Siamo certi, prima di pensare alla cittadinanza e al conseguente diritto al voto degli ultimi venuti, di aver garantito compiutamente il diritto al lavoro, alla famiglia, allo studio, alla casa nei confronti di chi, fino a oggi, si è sentito richiedere più doveri che visto offrire più diritti?».

Per l’esponente del Carroccio, infatti, «è prioritario pensare ai nostri giovani, ai nostri anziani e alle nostre famiglie», mentre discutere di cittadinanza «non serve che a distogliere dai problemi reali». Chiusura netta, quindi. Con Calderoli che ci ironizza un po’ su: «È paradossale che a difendere l’interesse nazionale debba essere un leghista».

Si torna alle beghe interne al Pdl. Dove si registra ancora irritazione, ai piani alti, per l’iniziativa di Granata, non concordata e che va a braccetto con l’opposizione. Ed è un fuoco «amico» di sbarramento (sul metodo) quello che il coordinatore La Russa, in linea con i vertici pdl a Montecitorio e Palazzo Madama, riversa sull’iniziativa del deputato siciliano. Così, anche se «assolutamente d’accordo con Fini sulla necessità di una riforma della legge sulla cittadinanza», il ministro della Difesa trova «assai sbagliato che qualche deputato del Pdl non abbia atteso di dibattere e approfondire il tema nelle sedi di partito o almeno al gruppo». Insomma, è legittimo discutere di tutto, purché avvenga prima nei contesti appropriati e si evitino fughe in avanti. Un punto condiviso da Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri. E pure da Italo Bocchino, vicepresidente dei deputati, finiano e promotore della lettera di sostegno all’ex leader di An spedita al Cavaliere: «La richiesta di La Russa risponde alle elementari regole di convivenza democratica».

Non si fa attendere la replica di Granata, che chiede nel frattempo una veloce calendarizzazione in aula: «Alcuni tra i vertici del Pdl, a partire da La Russa, parlano di concertazione interna al partito solo quando serve a bloccare le iniziative a loro sgradite o d’impaccio all’egemonia politica della Lega. Peccato che la stessa esigenza non venga avvertita quando si chiede di votare le leggi di riforma sulla giustizia, a prescindere dalla condivisione, ovvero, quando si parla di scudo fiscale».

Insomma, la querelle prosegue. Anche se, per Denis Verdini, non vi è «un problema di tempi». Per il coordinatore del Pdl, infatti, «si tratta di verificare se chi viene da noi intenda rifarsi ai nostri valori nazionali, conosca la nostra lingua, rispetti le nostre leggi». In ogni caso, avverte Osvaldo Napoli, «è in atto una manovra diversiva che ha un sapore antico».

«Temo che né all’Udc né ad altri - aggiunge l’ex azzurro - interessi più di tanto accorciare da 10 a 5 anni il termine. È un grimaldello per tentare di scardinare la maggioranza. L’operazione, però, è destinata a sicuro fallimento».

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