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Duterte abbandona la politica (e apre la strada alla figlia)

Il presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, ha annunciato che non si candiderà per la poltrona di vice presidente del Paese nelle elezioni del 2022 e che si ritirerà dalla politica

Duterte abbandona la politica (e apre la strada alla figlia)

Passo indietro di Rodrigo Duterte. Il presidente delle Filippine in un breve discorso ha annunciato che non si candiderà più, come aveva intenzione di fare, per la carica di vice presidente nelle elezioni del 2022 e che intende ritirarsi dalla vita politica. "I filippini ritengono in gran parte che io non sia qualificato e che sarebbe una violazione della Costituzione" candidarsi come vice presidente, ha detto Duterte. "Oggi annuncio il mio ritiro dalla vita politica". Il presidente, che il prossimo anno terminerà i sei anni di mandato, ha dato il proprio sostegno alla candidatura alla vice presidenza di un suo stretto alleato, il senatore Christopher Go. Per qualcuno l'uscita di scena di Duterte potrebbe aprire la strada alla candidatura di sua figlia, Sara Duterte-Carpio, 43 anni, sindaco di Davao dal 2016. La donna, però, non ha ancora sciolto la riserva.

Settantasei anni, noto come il "Castigatore" (The Punisher) per la tolleranza zero nella lotta contro gli spacciatori, quando era sindaco di Davao (1,6 milioni di abitanti, nel sud del Paese). Duterte vinse le elezioni del maggio 2016 con un grande margine di voti. Sul fronte internazionale operò sin da subito per smarcarsi dagli Stati Uniti, avvicinandosi a Cina e Russia. Da ragazzo aveva fatto parte dei Giovani Patrioti, movimento studentesco da cui nacque poi il Partito comunista delle Filippine. Da qui e dalla vicinanza con il professor José María Sison deriverebbe la sua ostilità antiamericana e, per certi versi, le simpatie filo comuniste.

Dopo aver vinto le elezioni presidenziali quando si trovò a dover formare il governo scelse soprattutto ex militari, alcuni membri di precedenti amministrazioni e figure dell'estrema sinistra, a conferma del suo orientamento ideologico. L'alto tasso di criminalità spinse Duterte a chiedere aiuto al popolo auspicando la "giustizia fai da te" e promettendo ricompense in denaro a chi avesse aiutato a catturare, vivi o morti, sospetti criminali o trafficanti di droga. Si autodefinì "l’Hitler delle Filippine" paragonando la sua campagna contro la droga all’Olocausto. Il suo durissimo giro di vite sulla droga, con vere e proprie esecuzioni senza processo, avrebbe causato la morte di oltre 6.000 sospetti spacciatori. Per non farsi mancare nulla durante il lockdown per la pandemia da Covid ordinò di sparare a vista a chi avesse creato problemi nelle aree chiuse per motivi di sicurezza.

Pugile appende al chiodo i guantoni e si lancia sul ring elettorale

Tra i candidati per la poltrona di presidente delle Filippine c'è anche un famoso pugile, Manny Pacquiao, che qualche giorno fa ha annunciato il ritiro dalla boxe per concentrarsi sulle ambizioni politiche. "È difficile per me accettare che la mia carriera di pugile sia finita (dopo 26 anni, ndr). È la scelta più difficile della mia vita". Pacquiao, chiamato Pacman dagli appassionati di boxe, dal 2016 è senatore nel Parlamento filippino. Un sondaggio recente gli attribuisce il 12% di voti, il quarto candidato con più preferenze.

Non ha chance di vittoria ma potrebbe essere un elemento importante per l’opposizione.

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