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I ministri di Theresa May spingono per accordi con l'Ue in stile Ceta

Secondo il Daily Telegraph la maggioranza dei membri dell'esecutivo britannico sarebbe favorevole a un trattato commerciale tra Regno Unito ed Unione Europea che ricalchi il modello del Ceta, l'accordo tra Canada ed Ue entrato in vigore lo scorso anno

I ministri di Theresa May spingono per accordi con l'Ue in stile Ceta

Mentre Theresa May si trova a fronteggiare le conseguenze della bocciatura dell'Accordo Chequers da parte delle istituzioni europee, all'interno del suo governo sta nascendo una spaccatura sul tipo di trattati commerciali da adottare con l'Unione Europea per il futuro Regno Unito post Brexit. Secondo quanto riportato dal quotidiano inglese The Daily Telegraph, più di metà dei membri dell'esecutivo sarebbe infatti propensa ad appoggiare un accordo economico simile a quello che l'Ue ha negoziato con il Canada, il famoso trattato Ceta entrato parzialmente in vigore il 21 settembre 2017 ed attualmente in fase di ratifica da parte dei singoli stati dell'Unione. A spingere per questo tipo di accordi ci sarebbero tra gli altri il ministro degli Interni Sajid Javid ed il ministro degli Esteri Jeremy Hunt, con quest'ultimo che appena due giorni fa aveva dichiarato all'emittente radiofonica Bbc Radio 4 di star valutando con molta attenzione la possibilità di un trattato sul modello canadese nel caso l'Accordo Chequers fosse stato rigettato: "Siamo stati molto chiari sul fatto di essere disposti a negoziare la proposta dell'Accordo Chequers, ma non possiamo parlare a vuoto con Bruxelles. Dobbiamo poter avere un interlocutore pronto a sedersi a un tavolo per discutere i dettagli. Nonostante ciò, crediamo che questo tipo di accordo sia migliore rispetto a un modello sullo stile del Ceta, poiché pensato appositamente per gli scambi commerciali attraverso l'unico confine di terra del Regno Unito quello tra Irlanda ed Irlanda del Nord".

Dall'altra parta invece, almeno sei ministri dell'attuale governo si troverebbero concordi nell'adottare un protocollo d'intesa con l'Ue che ricalchi quello adottato per la Norvegia, rimanendo cioè all'interno dello Spazio Economico Europeo pur garantendo la piena indipendenza dall'Unione. Una soluzione particolarmente caldeggiata dal ministro dell'Economia Philipp Hammond ma che è stata prontamente stoppata dalla stessa Theresa May, la quale ha definito una probabile permanenza nello Spazio Economico Europeo come una presa in giro dei risultati del referendum sulla Brexit. In merito a questo la May ha in seguito affermato: "Qualunque tipo di accordo che non rispetta gli esiti del referendum o che cerca di dividere il nostro paese dovrebbe essere considerato un pessimo accordo, ed io ho sempre detto che non avere nessun accordo è una soluzione migliore di avere un pessimo accordo".

Anche il ministro per la Brexit Dominic Raab rimane sulla stessa lunghezza d'onda della Premier, affermando che l'idea di un trattato Uk-Ue sul modello canadese rimane fuori discussione a causa delle condizioni inaccettabili che Bruxelles ha imposto per la questione del confine irlandese. In un'intervista al programma della Bbc "Andrew Marr Show", Raab ha infatti dichiarato: "Tutti noi vogliamo un accordo di libero scambio. Il problema sono però i termini di questo accordo." - aggiungendo - "Perché quello che l'Unione Europea ci sta proponendo non è un accordo di libero scambio, ma un modo per confinare il Regno Unito dentro i confini nordirlandesi, bloccandolo all'interno delle sue stesse barriere doganali in un accordo commerciale con la sola Irlanda del Nord, la quale ha un'economia completamente diversa da quella inglese. Questo significherebbe auspicare una lottizzazione economica del Regno Unito". Una situazione, quella descritta da Raab, che andrebbe nella direzione opposta rispetto a quanto previsto dal governo britannico nel già citato Accordo Chequers.

Il cosiddetto Accordo Chequers - dal nome della Corte di Chequers, la residenza di campagna del Primo Ministro britannico - è il documento governativo, pubblicato il 12 luglio 2018, che se fosse entrato in vigore avrebbe determinato le future relazioni bilaterali tra il Regno Unito e l'Unione Europea. L'accordo stabiliva infatti una fuoriuscita di Londra dal sistema di regolamentazione europea dello scambio di servizi, capitali e persone, consentendo tuttavia il mantenimento delle attuali normative per quanto riguarda invece il settore dei beni, con riferimento in particolar modo ai prodotti agricoli e manifatturieri. Un accordo decisamente a vantaggio del Regno Unito, che avrebbe così permesso di evitare il ripristino delle barriere doganali e dei conseguenti controlli di frontiera lungo il confine dell'Irlanda del Nord, ma che com'era prevedibile non è stato visto di buon occhio dai capi di stato europei, i quali durante il vertice di Salisburgo della scorsa settimana hanno deciso di respingerlo senza esitazione malgrado l'ultimatum della stessa Premier May: accettazione dell'Accordo Chequers da parte dell'Europa o altrimenti Hard Brexit senza alcun accordo.

Il fallimento dei negoziati con l'Unione Europea ha inoltre rinvigorito le due opposte opposizioni politiche del governo May, quella dei promotori di un nuovo referendum sulla Brexit e quella antitetica degli hard brexiteers, capitanata dal vero nemico numero uno del Primo Ministro britannico, l'ex ministro degli Esteri Boris Johnson.

Il rischio di giungere al 29 marzo 2019 - giorno dell'uscita ufficiale del Regno Unito dall'Ue - senza nessun accordo si fa sempre più pericolosamente concreto.

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