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Madrid regala la libertà ai separatisti catalani. Ma la Spagna si divide

L'indulto a nove indipendentisti "per aprire alla concordia nazionale" non piace a nessuno

Madrid regala la libertà ai separatisti catalani. Ma la Spagna si divide

È un passo importante, ma molto delicato, per quella parte di Catalogna che spera che il processo verso l'indipendenza raggiunga il capolinea. Non sarà, infatti, facile che Madrid accetti le condizioni «a senso unico» degli indipendentisti, quelli che hanno messo a ferro e a fuoco Barcellona nell'autunno del 2017. Oggi il presidente del Governo spagnolo Pedro Sánchez firmerà la richiesta d'indulto per i nove politici, ex ministri e attivisti al potere nella Generalitat ribelle, poi destituita nel 2017 e commissariata dall'allora premier Mariano Rajoy.

Tra i nove ribelli, condannati per disobbedienza e uso di denaro pubblico ai fini del referendum illegale di autodeterminazione, c'è Oriol Junqueras, ex vice presidente catalano, braccio destro di Carles Puigdemont, condannato nel 2019 a tredici anni assieme a Carme Forcadell, ex presidente del Parlamento di Barcellona, che ne sta scontando undici. «Stiamo per ripristinare la convivenza (tra Spagna e Catalogna, ndr). La decisione nasce non per dimenticare, ma per mostrare rispetto e attenzione (verso i catalani, ndr)», ha dichiarato ieri Sánchez dal Teatro Liceu di Barcellona. Inoltre, ha spiegato che la grazia per i nove vuole essere un richiamo allo spirito di collaborazione della Transizione post Francisco Franco, che permise di concordare la Costituzione che, dice il premier, il Partito Socialista continua a difendere, sebbene sia anche aperto ai cambiamenti richiesti dagli ultimi fatti politici.

Le misure di grazia sono, per il Governo, uno strumento per risolvere il problema catalano e non per favorire i detenuti. «La ragione fondamentale delle grazie è la loro utilità per la convivenza», ha ribadito Sánchez, spiegando che «far uscire di prigione queste nove persone che rappresentano milioni di spagnoli è un potente messaggio di armonia».

Così Pedro Sánchez, il cui discorso è stato preceduto da un duro tentativo di contestazione da parte di un gruppo di secessionisti infiltrati all'evento, ha mantenuto la sua promessa di voler riallacciare il dialogo tra Madrid e Barcellona. Tuttavia il socialista non ha voluto spiegare su quali temi procederà il dialogo con Pere Aragones, l'attuale numero uno della Generalitat, dopo che ai riottosi sarà restituita la libertà, anche politica, cancellando l'interdizione da cariche pubbliche. Ci sarà sul tavolo die negoziati l'impulso unilaterale a volere la Catalogna fuori dalla Spagna, la cui Costituzione nega ogni separazione? Impossibile, secondo gli analisti politici. Si deve, prima, riformare metà della Carta del 1976 con il consenso delle Camere, del re Felipe VI e della Corte Costituzionale. Per non parlare dell'opposizione che farà la Corona dei Borbone, antichi custodi dell'unità del Paese. «Non ci aspettiamo che i separatisti cambino l'idea di essere una repubblica. Speriamo, però, che comprendano che non esistono altre strade fuori dalla legge di diritto. Perché nulla è legittimo se l'altra parte della società viene travolta e il prezzo da pagare per il processo è alto». ha concluso Sánchez.

Deciso a alla contestazione il Partito Popolare che denuncia come i socialisti abbiano preso in giro gli spagnoli onesti, derubricando reati importanti e sottoponendo la Spagna a pericolose derive secessioniste.

Mentre per Vox, le promesse di Sánchez sono bugie e rischiano di destabilizzare la politica e la società.

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