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"La Turchia aiuta lo Stato islamico"

La Turchia sta aiutando il Califfato ospitando avamposti logistici e di sicurezza: ecco le prove che inchiodano Erdogan

"La Turchia aiuta lo Stato islamico"

Bruxelles - Qualcuno li ha ribattezzati “l’uragano di Assad”, per via del simbolo, zawba’a, che campeggia sulle divise e sulle bandiere del Partito Nazionalista Sociale Siriano. Il SSNP, secondo l’acronimo inglese, è un movimento che si definisce “levantista”, nato nel 1932 a Beirut, e che oggi conta rappresentanti nei parlamenti di Giordania, Libano e Siria, dove il leader Ali Haidar, è ministro della Riconciliazione Nazionale. In Siria, le milizie del SSNP hanno combattuto al fianco di Hezbollah e dell’esercito regolare siriano, partecipando alla liberazione di Homs e di Al Qusayr. È il principale partito di quella che viene definita la loyal opposition al governo di Assad. Che nei fatti significa sostegno al governo, opposizione a qualunque ingerenza esterna nel conflitto e a qualunque tentativo esterno di armare l’opposizione siriana.

Hassan Sakr, il capo delle relazioni esterne del SSNP, che si trova al Parlamento Europeo per una serie di incontri politico-diplomatici, spiega quali sono le principali differenze ideologiche fra le due più importanti formazioni politiche che, assieme al Partito Comunista Siriano, compongono la coalizione di governo in Siria: "Ciò che distingue noi e il Baath è il fatto che il nostro è un partito 'secolare' che aspira all’unificazione nazionale della ‘Grande Siria’ composta da Libano, Giordania, Palestina e Iraq, mentre il Baath è un partito ‘panarabo’, laico, ma non secolare come il SSNP". “Ciononostante abbiamo una forte alleanza politica con il Baath, che si è rinsaldata ancor di più dopo lo scoppio della crisi in Siria. Crediamo, infatti, che la Siria e Bashar Al-Assad, siano stati presi di mira per il fatto di essere uno Stato laico e per la posizione assunta riguardo il conflitto israelo-palestinese”.

In questo momento i militanti del SSNP assicurano la sicurezza di diverse aree con le proprie milizie, in particolare nella città di Homs, la terza più grande della Siria. “Il nostro partito è molto presente su tutto il territorio siriano”, spiega Sakr. “In particolare stiamo aiutando il governo a gestire la situazione delle zone più problematiche della città e del governatorato di Homs, dove gran parte del territorio è distrutto, per via dei combattimenti che in alcune fasi sono stati durissimi”. “Molte persone residenti ad Homs sono state sequestrate dai terroristi e quando la città è stata liberata molti hanno pensato che sarebbero stati puniti e maltrattati dal governo per via della convivenza con i ribelli e i gruppi jihadisti. Per questo motivo il governo ha lasciato che i nostri militanti, che godevano della fiducia della popolazione e che erano già presenti nell’area al momento dell’ingresso delle truppe governative, prendessero il controllo di alcune parti di Homs proprio per ricostruire e riallacciare i legami tra la popolazione e il governo. L’obiettivo del governo siriano è infatti quello di far tornare in Siria tutti quelli che sono fuggiti, e per raggiungerlo c’è bisogno che la popolazione ritrovi la fiducia nelle istituzioni. I cittadini si fidano di noi, e per questo il nostro compito è quello di assicurare la sicurezza sul territorio”.

“Oggi la zona di Homs è stabile. Certo stiamo parlando di un territorio grande quattro volte il Libano e quindi difficile da gestire, ma la maggior parte dell’area è stata messa in sicurezza. Ogni tanto c’è qualche attacco degli jihadisti nelle zone più periferiche, ma non più così spesso come in passato. Negli ultimi tre mesi, ad esempio, non ci sono stati attacchi”. Secondo i dati forniti dal rappresentante del SSNP, Assad controllerebbe ora il 60% del Paese, che corrisponde alle aree dove vive circa l'80% della popolazione. "Il presidente ha preso una saggia decisione all'inizio del conflitto", prosegue Sakr, "ha contato le proprie risorse in termini di effettivi e invece di rincorrere i terroristi in ogni parte del Paese ha scelto di attestarsi su posizioni strategiche, come Damasco ed Aleppo, così da poter proteggere le aree più densamente popolate. Questo è il motivo per cui i ribelli controllano solo le zone periferiche".

Il ministro della Riconciliazione, Ali Haidar, aveva dichiarato all'inizio dei disordini scoppiati a Yarmouk, che una azione militare del governo sarebbe stata l'unica soluzione percorribile per cacciare l'Isis dal campo profughi che ospita 16.000 persone. Sakr ovviamente la pensa come Haidar: "l'unica strada per eliminare totalmente l'Isis da Yarmouk è un azione militare, ed è quello che succederà. È soltanto questione di tempo. Prendere il controllo di questo campo, a poca distanza da Damasco, è altamente strategico per il governo. Appena verrà ripreso il controllo delle parti rimaste in mano all’Isis, sarà anche più facile per i palestinesi tornare nel campo".

Inoltre, “ci sono dei Paesi dell’area” afferma Sakr, “che continuano ad aiutare e fornire supporto ai terroristi, come la Turchia, che sta aiutando l’Isis con degli avamposti logistici e di sicurezza”. “In Turchia ci sono anche dei campi di addestramento per i jihadisti dove i militanti dell’Isis ricevono formazione”. Ci sono prove? “La prova è innanzitutto la logica, sono tre anni che i terroristi entrano in Siria dal confine con la Turchia e il governo turco non si è mai accorto di nulla”, prosegue, “inoltre ci sono molti giornali turchi che hanno pubblicato reportage che contengono prove in questo senso”.

La Road Map da intraprendere per uscire dalla crisi per il rappresentante del SSNP, infine, "è molto semplice". "Bisogna distruggere l'Isis e per farlo c'è bisogno di un esercito sul terreno. I raid della coalizione internazionale si sono dimostrati inefficaci ed è chiaro che l'unico esercito che può distruggere l'Isis è l'esercito siriano, che è già presente e operativo. Una volta sconfitto l'Isis bisognerà organizzare immediatamente le elezioni democratiche, supervisionate dalla comunità internazionale, con le quali sarà il popolo a scegliere il nuovo presidente. Questa scelta spetta solo e soltanto al popolo siriano”. Armare i ribelli anti-governativi significa per Sakr “sostenere i terroristi, e ora è chiaro che l’unico risultato del sostenere i terroristi è quello di avere più morti”. E Assad? È pronto a ricandidarsi oppure farà un passo indietro? “Non ci sono subbi sul fatto che correrà di nuovo per la presidenza e che otterrà più del 70% dei voti.

Noi di sicuro lo sosterremo".

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