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Le foibe, l'esodo, la menzogna

Pubblichiamo, per gentile concessione della Lega Nazionale, il prologo a "Le foibe, l'esodo, la menzogna"

Le foibe, l'esodo, la menzogna

Alla fine del secondo conflitto mondiale l’Italia è stata colpita da una vera e propria catastrofe. Migliaia e migliaia di suoi cittadini, l’equivalente degli spettatori di un medio stadio di calcio, sono stati tutti trucidati. I più in modo assolutamente barbaro: chi scaraventato nelle nere voragini delle foibe carsiche, chi annegato, con una pietra al collo, nelle acque dell’Adriatico. Un tragico bilancio, difficile da quantificare perchè anche i cadaveri, di queste povere vittime, sono stati fatti sparire. Comunque una cifra complessiva di almeno 14.000 esseri umani, uomini e donne, vecchi, giovani e bambini, tutti cittadini italiani, tutti trucidati.

L'esodo

Oltre trecentomila Italiani hanno subito la più dura delle condanne, quella all’esilio perpetuo. Hanno dovuto abbandonare tutto, proprio tutto, case, attività, perfino i cimiteri, per cercare asilo, lontano dai loro luoghi natali, quelli nei quali, loro ed i loro antenati, erano vissuti da sempre. Cercare asilo ha significato finire in «campi profughi», più simili a lager che a luoghi di accoglienza. Per molti la destinazione finale è stata lontana, lontanissima, le Americhe o l’Australia. E, per tutta la vita, la nostalgia delle terre perdute. L’Esodo dei Giuliani Dalmati ha avuto della dimensioni bibliche, pari alla intera popolazione di una nostra città di medie dimensioni, soggetta allo svuotamento totale, forzoso, di tutti i suoi cittadini, sparpagliati per il mondo con una valigia di cartone o neppure quella.

La "menzogna"

Infine il terzo ingrediente di questa tragedia. Immaginate la carta geografica della penisola italiana, al suo interno è comparso un buco nero, perchè una intera Regione è sparita. Una regione certo piccolina (pensate all’Umbria), che peraltro prima c’era ed ora non c’è più. Era l’Istria, con Capodistria, Pola, era Fiume, era Zara. Una Regione che aveva dietro a sè secoli di appartenenza alla storia, alla civiltà, alla cultura d’Italia, tutte terre che avevano vissuto sotto il segno di Roma e di Venezia. Cancellate dalla carta geografica del Bel Paese, tutte condannate all’oblio, perfino nella toponomastica, destinate a perdere il loro nome, condannate a diventare Koper, Pula, Rijeka, Zadar. E saranno queste le denominazioni usate anche da tanti turisti italiani, immemori del loro, del nostro passato. Quel buco nera nella carte geografica nazionale era sicuramente una amputazione nella storia, nella cultura, nella civiltà della Nazione Italia, una amputazione imposta a tutti gli Italiani.

La più grave catastrofe

Foibe, Esodo e amputazione dei territori, una vera e propria catastrofe, certamente la più grave che abbia colpito lo Stato italiano, in tutti i decenni della sua vita unitaria. Eppure... Al di là dei diretti interessati, al di là della popolazione della costa orientale dell’Adriatico sembra che ben pochi dei concittadini italiani abbiano avuta piena consapevolezza di quanto successo. Soprattutto con il passare dei decenni una sorta di pesante oblio è sicuramente calato su tutta questa tragica vicenda. C’è stata, in realtà, un sussulto di attenzione sulla “questione Trieste”. Il destino del capoluogo giuliano è stato infatti ancora capace di mobilitare i sentimenti degli Italiani. Poi, quando con il ‘54, Trieste è tornata all’Italia l’interesse dei nostri connazionali ha cessato di guardare in questa direzione.

Tutto cancellato

Foibe, Esodo, Istria, Fiume, Dalmazia sono stati fagocitati dall’oblio della cultura ufficiale, sono stati rimossi dai grandi mezzi di comunicazione, sono stati letteralmente cancellati da tutti, proprio da tutti i testi scolastici. E generazioni e generazioni di giovani connazionali hanno realizzato i loro percorsi di studio, sono diventati adulti senza niente sapere di questa grande tragedia della Nazione Italia. Non è un caso che per cominciare a scalfire il muro del silenzio, per tentare di sollevare il velo dell’oblio ci sia stato bisogno dell’intervento del Legislatore: sarà nel 2004 che il Parlamento approverà la legge istitutiva del Giorno del Ricordo. Sono però trascorso quasi sessanta anni, oltre mezzo secolo di rimozione, di silenzi, di oblii perchè finalmente si cominci a parlare. Si cominci, perchè c’è ancora tanto, tanto da fare, specie in campo scolastico. E poi c’è la novità. Da quanto Foibe e Esodo sono emerse dell’oblio sono tempestivamente comparsi sulla scena i «negazionisti», tutti protesi a ridimensionare la tragedia (poche le vittime e di solito «se lo erano meritato»), pochi gli Esuli, (per lo più volontari emigranti). E poi i «giustificazionisti», veri acrobati nell’inventarsi le interpretazioni più fantasiose, pur di cercar di impedire l’emergere della verità vera, di quanto successo. Il silenzio per lunghissimi decenni, le manipolazioni degli pseudo storici trinariciuti, tutto ciò merita di essere affrontato sotto un comune denominatore, raccolto in una sola definizione, quella appunto della «grande menzogna», l’ultimo capitolo della «grande tragedia».

Per capire

Il presente lavoro è mosso da un ben preciso proposito, riassumibile nella formula «ricordare per capire». Non basta cioè far conoscere quanto successo, occorre assolutamente sforzarsi di cogliere la sostanza, vera e profonda, di questa tragedia italiana, occorre pervenire ad una narrazione dei fatti che ci dia ragione delle loro vere motivazioni, che metta chiaramente in luce il tema delle responsabilità vere di tali crimini. Sarà solo così che si darà finalmente attuazione all’auspicio formulato da mons. Antonio Santin, Vescovo di Trieste e di Capodistria, nella sua Preghiera per gli Infoibati: «perchè il trionfo dell’iniquità è sempre transeunte».

Vogliamo ricordare, vogliamo capire proprio per sconfiggere definitivamente quell’iniquità che ha generato le Foibe, l’Esodo e la «grande menzogna».

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