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Ancora tensioni in Sicilia. Rientra il caso Miccichè

Il coordinatore attacca Musumeci e poi smentisce. Gli azzurri: "Quelle parole non ci appartengono"

Ancora tensioni in Sicilia. Rientra il caso Miccichè

La pax palermitana, tutto il centrodestra col candidato sindaco Roberto Lagalla, primario di radiologia, ex assessore nelle giunte Cuffaro e Musumeci, è durata lo spazio di un'intervista particolarmente focosa di Gianfranco Micciché, coordinatore di Forza Italia in Sicilia e presidente dell'Assemblea regionale in cui definiva «fascista» il governatore Musumeci, Ignazio La Russa e Giorgia Meloni di FdI. Poco importa che l'interessato sia stato costretto a smentire e che già di prima mattina abbia fatto un lungo giro di telefonate per scusarsi, perché tutti restano convinti che Micciché le parole riportate da Giuseppe Salvaggiulo sulla Stampa le abbia pronunciate, se non altro per aver dovuto ingoiare controvoglia la candidatura di Lagalla.

Forza Italia cerca subito di chiarire. Dopo aver ricordato la smentita di Miccichè, fonti azzurre dichiarano che «quelle parole non corrispondono e non hanno nulla a che fare con il pensiero e lo stile di Forza Italia, che non solo predica, ma pratica nella realtà il rispetto per tutti». Programma per il futuro: «Adesso, responsabilmente, Forza Italia, come già avvenuto per il sindaco di Palermo, continuerà a lavorare per l'unità del centrodestra in vista delle regionali in Sicilia».

«Musumeci? Mai più, guardi. Cinque anni fa subimmo un'imposizione. Ma a condizione che non si ricandidasse» la versione di Miccichè. Riassunto ruvido della legislatura: «Cinque anni a rompere la m.....a. Ha trasformato i nostri assessori in ascari». Immaginifico: «È pur sempre un fascista catanese. Palermo è troppo nobile e intellettuale per il fascismo». Ce n'è anche per la Meloni: «Da fascista, si è accodata a La Russa, fascista siciliano come Musumeci».

A far infuriare La Russa non è stata tanto l'accusa di essere fascista, quanto il presunto coinvolgimento di Silvio Berlusconi. Secondo il coordinatore siciliano, sarebbe stato il presidente azzurro a consigliargli di «fare la mossa del cavallo», accettando il sindaco di Palermo per poi alzare la posta su Musumeci. Così La Russa ha chiesto un «chiarimento politico», arrivato con le parole di Forza Italia.

Nel centrodestra, l'accordo era di chiudere sulle amministrative, per le quali si andrà ai seggi il 12 giugno, e rimandare a dopo le elezioni l'intesa sulle regionali. Rimandare fino a metà giugno ogni decisione su Musumeci significa tenerlo sulla graticola e anche per questo c'è chi non esclude che il presidente della Regione decida di dimettersi in anticipo per evitare di essere logorato.

La polemica locale resta alta. Marco Falcone, assessore della giunta Musumeci e commissario di Forza Italia per Catania parla di un «Miccichè incattivito, in preda allo squilibrio politico, circostanze che lo rendono sempre meno idoneo ai ruoli che ricopre», visto che ha tirato in ballo anche Berlusconi.

Franco Miceli, candidato del centrosinistra a sindaco di Palermo lo stuzzica: «Attacca i fascisti e poi invita a votare un assessore di Musumeci: Lagalla». Ma a sorpresa è la sinistra a tendergli la mano. Il deputato del Pd Carmelo Miceli vuole invitarlo a un tavolo «per rompere con la peggiore destra fascista».

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