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Cappato corre a Monza. E Azione va in pezzi

Rivolta contro Calenda per il sostegno alla corsa del radicale. Carfagna: "Troppo divisivo"

Cappato corre a Monza. E Azione va in pezzi

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Era il 2008 e Mara Carfagna, da ex ministro, si schierava contro il testamento biologico in quanto viatico dell'eutanasia. Siamo nel 2023 e Carlo Calenda, leader di Azione, che è il partito della Carfagna, sostiene Marco Cappato per il seggio in cui è stato eletto Silvio Berlusconi. Fisiologico che la scelta dell'ex ministro dello Sviluppo per il collegio di Monza crei parecchi grattacapi interni. E infatti proprio la Carfagna, al Giornale, definisce la candidatura di Cappato al Lombardia 6 «complicata. E questo perché «sui temi etici rappresenta posizioni che dividono il suo stesso partito, figuriamoci l'ala liberale e moderata». L'ex ministro si dice sicura di un «supplemento di riflessione», rimarcando come quel collegio sia in ogni caso «blindato» da sempre dal centrodestra. Antonio D'Alessio, parlamentare che proviene dalla Margherita, ci sottolinea la pluralità di Azione ma rivendica come quello di Cappato non sia il suo percorso. E Mariastella Gelmini ha più di qualche perplessità: «Non posso essere entusiasta di questa scelta, io cerco di rappresentare quella popolare. Sui diritti ho posizioni diverse da quelle radicali di Marco Cappato», ha argomentato l'ex ministro dell'Istruzione. Più complicato anche per Elena Bonetti, renziana, chiacchierata in queste settimane per un presunta trattativa per passare ad Azione, abbracciare la causa calendiana. Persino il Pd al momento fa melina. «Io sono sempre dell'idea che debbano decidere e valutare i territori», ha fatto sapere la senatrice Simona Malpezzi, dem e lombarda. Idem il senatore Alessandro Alfieri che ha osservato che «non servono fughe in avanti». Calenda, per queste suppletive, è già più sinistra della Schlein. Azione, invece, si è spaccata in Parlamento anche sulla maternità surrogata.

Poi c'è un altro tema che sta facendo emergere differenze in quel che resta del Terzo polo: la commissione d'inchiesta sulla gestione della pandemia. Quella che tanto il centrodestra quanto Matteo Renzi ed Italia viva vogliono e hanno già votato alla Camera. Dopo le parole pronunciate da Sergio Mattarella - parole peraltro ben accolte dal centrodestra - l'ex premier ha detto la sua via social. «Ecco, io penso che quello che ha detto Mattarella, ovvero che la politica non si deve sovrapporre alla magistratura, è sacrosanto, ma non c'entra nulla però sulla commissione d'inchiesta, perché questa serve a capire se, come dice Giuseppe Conte, è andato tutto bene, oppure no», ha premesso Renzi. E ancora: «La politica deve capire se l'approvvigionamento delle mascherine, o su altre, e quindi deve lavorare per non farlo più. Non solo: la gestione educativa è stata corretta, e poi i ristori sono stati corretti, o no». Calenda però ha votato i provvedimenti del governo Conte, e ha difeso le scelte di Roberto Speranza e Walter Ricciardi. Ma aveva comunque votato a favore della commissione poco fa. «Non perdiamo tempo - ha risposto a Renzi sulla commissione -. Risolviamo i problemi della sanità oggi. Spetta alla magistratura indagare su eventuali reati». Al leader di Azione ha risposto Teresa Bellanova per cui è «evidente che un faro sulla gestione della pandemia vada acceso ed è evidente che - come il presidente Mattarella ha richiamato - non è un faro giudiziario ma politico: le scelte che sono state fatte sono state tutte corrette? I ristori a pioggia sono stati tutti utili?». Non i prodromi migliori per dar vita, in vista delle europee, a un altro tentativo di lista unica, anzi.

Il Terzo polo, soprattutto per le iniziative messe in piedi da Calenda, è appeso a un filo.

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