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Ci mancava solo la fascioansia

Ci mancava solo la fascioansia

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Ci mancava solo la fascioansia

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Le parole sono lo spirito dei tempi, il termometro che segna la temperatura di ebollizione della nostra società. E, in questo caso, la metafora meteorologica è più che mai pertinente. Il termine più in voga al momento è «ecoansia». Ne parlano tutti, dai giovani lacrimevoli a favor di telecamera alla stampa col sopracciglio perennemente inarcato, fino al presidente della Repubblica. L'ecoansia va talmente di moda che, alla mutua del sanitariamente corretto, è l'unica malattia che tutti si autodiagnosticano e millantano di avere. Perché «la profonda sensazione di disagio e di paura che si prova al pensiero ricorrente di possibili disastri legati al riscaldamento globale e ai suoi effetti ambientali» (Treccani dixit) è ormai un fiore all'occhiello del mondo radical, una pochette variopinta da imbustare nel taschino della mimetica degli ambientalisti militanti.

Ma, siccome pure la politica è tracimata nella medicina, noi, sommessamente, ci avventuriamo nella definizione di una nuova preoccupazione che vediamo agitarsi financo più spesso dello sopraccitate paturnie: la fascioansia. Cioè il timore irrazionale dell'arrivo di regimi morti e sepolti da più di settant'anni, timore - in alcuni casi - elevato a motivo della propria esistenza sociale. Pensateci bene: è ovunque e, ancora più dell'ecoansia, non ha alcun motivo d'esistere: perché, almeno dalle nostre parti, la democrazia gode di ottima salute.

Ma facciamo solo qualche numero, attingendo dal mondo culturale di riferimento della galassia progressista e dei salottini radical chic. Dal primo giugno a ieri, 5 agosto, su Repubblica il termine fascista è stato utilizzato 102 volte, fascismo 90, fascisti 50; sulla Stampa rispettivamente 54 volte, 53 e 30; sul Domani 41 volte, 35 e 25. Per non parlare degli innumerevoli allarmi lanciati quotidianamente da decine di esponenti del Partito Democratico, di Sinistra Italiana, del mondo dei centri sociali e dell'antagonismo, degli attori, degli scrittori e dei cantanti engagé e ovviamente dell'Anpi che, a differenza degli altri, nell'antifascismo in assenza di fascismo ha dichiaratamente il suo core business. E poi centinaia di eventi, libri, conferenze e manifestazioni. Il ritorno delle squadracce nere è un'ansia talmente insopprimibile che i più audaci agguantano forchettone e coltello e si attovagliano per una pastasciutta antifascista: secondo l'istituto Cervi sono addirittura 220 all'anno. Dal partigiano al parmigiano.

Ditemi voi se non è un'emergenza questa, se non merita anch'essa - la fascioansia - una voce nel dizionario delle ossessioni che agitano come un elettrostimolatore le nevrosi della nostra società? Perché si staranno sciogliendo i ghiacci ma, ancor di più, si è liquefatto il buonsenso e purtroppo non è ancora in commercio un ansiolitico che plachi i timori di dittature inesistenti.

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