Magistratura

Nordio interviene su Uss e le toghe si scatenano

È bufera dopo l'azione disciplinare sui giudici per il caso dell'evaso russo. Incontro con Meloni

Nordio interviene su Uss e le toghe si scatenano

La mossa di Carlo Nordio appariva inevitabile, dopo gli ultimi sviluppi del caso di Artem Uss, l'uomo d'affari russo ricercato dagli Usa per gravi crimini e evaso senza fatica dagli arresti domiciliari che gli erano stati concessi a Milano senza estradizione. Eppure la decisione del ministro della Giustizia di avviare l'azione disciplinare contro i tre giudici della Corte d'appello che nell'autunno scorso concessero a Uss di lasciare il carcere ieri solleva un putiferio: con l'Associazione nazionale magistrati e la sua corrente di sinistra che accusano il ministro di voler interferire nelle decisioni dei giudici, con il secondo fine di nascondere così le proprie colpe.

L'atto di incolpazione riguarda il provvedimento con cui il 29 novembre - contro il parere della Procura generale - a Uss vennero concessi i domiciliari con l'unica cautela del braccialetto elettronico. Dopo la fuga di Uss, il 22 marzo, è partita la caccia al colpevole, e anche Nordio si è ritrovato indicato tra i sospetti per non avere trasmesso tempestivamente alla Corte d'appello un dispaccio americano che segnalava la pericolosità del soggetto, figlio di un imprenditore vicino a Putin. Tra le righe, contro il governo veniva sventolato il sospetto di avere agevolato il trattamento «morbido» di Uss. Così Nordio, davanti al rischio di restare col cerino in mano, ha deciso di giocare d'attacco. La settimana prima di Pasqua ha chiesto conto del loro operato ai magistrati milanesi, e due relazioni gli sono arrivate nei giorni scorsi. Una, quella probabilmente decisiva, del procuratore generale Francesca Nanni, che spiegava che la lettera degli Usa non aggiungeva in realtà nulla a quanto era già nelle carte a disposizione dei giudici, che documentavano con chiarezza sia lo spessore criminale di Uss che la possibilità che svanisse nel nulla. Perché quegli elementi non vennero presi in considerazione dai magistrati della Corte d'appello? Per Nordio non c'è dubbio, si è trattato di un provvedimento «non opportunamente ponderato». Un caso di leggerezza, insomma, con conseguenze pesanti. Almeno sette elementi, se i giudici li avessero considerati, avrebbero portato a una decisione diversa. Soprattutto ai tre viene rimproverato di «non avere valutato elementi dai quali emergeva l'elevato e concreto pericolo di fuga». Per il ministro non si tratta solo di valutazioni, di cui certo i giudici non potrebbero venire chiamati a rispondere, ma di un eclatante caso di negligenza, «grave e inescusabile», che non può restare senza conseguenze per i tre. Ma, come inevitabile, parte immediata la reazione delle toghe organizzate, che - con un comunicato dell'Anm milanese - definiscono l'iniziativa di Nordio «gravemente lesiva delle prerogative costituzionali», accusando il ministro di avere messo sotto tiro i tre giudici «per distogliere l'attenzione dalle criticità nella gestione da parte del governo» del caso Uss e definisce la decisione dei domiciliari «ampiamente motivata». Magistratura democratica chiama alla mobilitazione, «la comunità giuridica riconosca la gravità del momento e reagisca compatta». Da vedere come replicherà Nordio, che oggi parlerà alla Camera e ieri ha incontrato la premier Meloni. A quanto si è appreso nel colloquio il ministro avrebbe detto che non è sua intenzione entrare nel merito delle decisioni dei giudici. Ma il terreno è scivoloso, il confine tra libertà del giudice e leggerezza è sottile. Nel tribunale di Milano molti colleghi erano assai critici verso la decisione della Corte, ma l'iniziativa di Nordio ora compatta tutti a difesa dei tre giudici.

E la palla passa alla sezione disciplinare del Csm, dove è facile prevedere che fine farà l'accusa del ministro.

Commenti