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La sinistra consiglia ai poveri la dieta Peck

Eccoli là. Giorni a discutere di dieta dei poveri e dieta dei ricchi, a crocifiggere sotto gli ombrelloni di Capalbio quel povero Cristo del ministro Lollobrigida

La sinistra consiglia ai poveri la dieta Peck

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Eccoli là. Giorni a discutere di dieta dei poveri e dieta dei ricchi, a crocifiggere sotto gli ombrelloni di Capalbio quel povero Cristo del ministro Lollobrigida e invece la soluzione era lì bella e pronta. Sotto gli occhi di tutti fin dal 1883, quando a Milano apriva Peck, la «cattedrale dove si celebra il rito della gastronomia» come ha raccontato ieri con un dottissimo articolo Repubblica nella sua edizione lombarda al popolo della sinistra. Sottolineando che tra i suoi clienti illustri, c'era perfino Gabriele D'Annunzio, non proprio un idolo da quelle parti. Normalmente non è garbato guardare nel piatto degli altri, ma questa volta ci si scusi perché l'occasione è troppo ghiotta per non ficcarci mani e faccia. Il giornale dei progressisti, la barricata civile dell'antifascismo, dei diritti negati e degli extracomunitari da sfamare che nel cuore di un'estate in cui la trincea della sinistra è il ricettario Lollobrigida, se ne esce con un'intera paginata per elogiare il vitello tonnato, l'insalata russa e il patè di una gastronomia dove con il salario minimo si compra una michetta e con quello massimo una cenetta per due. Passare per credere e scoprire che la russa (insalata) vien via a 36 euro al chilo, il tonnato a 49 e un paté che a sinistra, ça va sans dire, si preferisce fegato d'oca e tartufo, a 132 euro. Ci si volesse accontentare di una lasagna, fan sempre 35 al chilo. Un po' abbondante, lascio? Lasci pure che piuttosto che l'inflazione, meglio mangiarseli noi. Tutto bene si potrebbe dire a destra, anzi benissimo per un'attività commerciale che fiorendo dà lavoro a tante persone e gettito fiscale allo Stato. Una vetrina sempre scintillante e nemmeno preoccupata dall'aumento dell'inflazione perché, ci tranquillizza Repubblica, un lieve calo al banco è stato compensato da una crescita delle ordinazioni per le seconde case e le cambuse delle barche. E se Milano vota a sinistra, è facile capire chi siano gli acquirenti che hanno imparato da Massimo D'Alema le gioie della vela d'altura, della sinistra al caviale e del voto al Pd. Ma per chi ha conservato un briciolo di lucidità, il problema è capire dove sia finita la sinistra. Perché un governo conservatore seppur moderato senza una sinistra è un problema per tutti. Anche per la destra. Ridateci i comunisti che mangiavano i bambini e non da Peck, vien da dire oggi dalle colonne di un Giornale che sull'anticomunismo ha fondato 50 anni fa la sua montanelliana carta costituzionale. Almeno allora le cose erano un po' più chiare. Oggi, come dimostra anche questo surreale dibattito sulle diete, il merito del governo Meloni è aver portato oltre l'orlo di una crisi di nervi una sinistra ormai vittima dell'assoluta assenza di qualunque riferimento culturale. E dunque politico.

Tornare al «feticismo della merce», cuore del comunismo di Karl Marx, per la segretaria del Pd Elly Schlein impegnata in una tournée nella ricca Svizzera sarebbe forse troppo, ma un'aggiustatina alla carta dei valori della sinistra non farebbe male.

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