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I calciatori spariti: ora domina l’allenatore

Lontani i tempi in cui Inter e Lazio battagliavano per Ronaldo o, prima ancora, Parma e Juventus si sfidavano a colpi di carte bollate per Luis Figo. Ora i top club sembrano ambire più al grande mister che non al fuoriclasse sul rettangolo di gioco

I calciatori spariti: ora domina l’allenatore

Basterebbero le parole pronunciate da Beppe Marotta, nemmeno un mese fa, a giustificare il tourbillon di panchine che ha terremotato la nostra Serie A, iniziando a incrinare le gerarchie di un campionato concluso da soli quattro giorni “Meglio prendere un allenatore bravo e un giocatore in meno che un giocatore in più e un allenatore scarso”, commentava l'amministratore delegato dell'Inter subito dopo la vittoria dello scudetto, celebrando la scelta di portare Antonio Conte sotto la Madonnina. Ironia della sorte, ma forse non troppo, è stato proprio Conte a dare il la al sempreverde “valzer delle panchine”, con un addio all'Inter campione d'Italia solo parzialmente addolcito da una buonuscita di oltre 7 milioni. E se la risoluzione consensuale del tecnico leccese non pare aver sorpreso nessuno, tra mal di pancia assortiti e nubi sempre più fosche sul gruppo Suning, decisamente più clamore ha destato il testa a testa, durato in verità lo spazio di poche ore, tra Juventus e Inter per assicurarsi i servigi di Max Allegri. Alla fine a spuntarla è stata la Vecchia Signora che i rumors di mercato vogliono essere stata preferita da Allegri persino al Real Madrid. Un derby d'Italia in piena regola, quello vissuto a colpi di rilanci e telefonate, tra Zhang e Agnelli. Una sfida che, a memoria, è difficile ricordare per un allenatore.

Lontani i tempi in cui Inter e Lazio battagliavano per Ronaldo o, prima ancora, Parma e Juventus si sfidavano a colpi di carte bollate per Luis Figo. Ora i top club sembrano ambire più al grande mister che non al fuoriclasse sul rettangolo di gioco. Effetto del Covid, forse, e delle ristrettezze economiche delle società di calcio che, fatte le debite eccezioni, stanno pian piano spegnendo i sogni dei tifosi di abbracciare fuoriclasse alla Mbappè o Neymar. Ma anche un'inedita centralità tecnica di cui, forse, gli allenatori non avevano mai goduto prima, certificata dagli ingaggi vertiginosi strappati dai top manager. Per Allegri già si parla di un contratto da 9 milioni annui spalmato su quattro anni, cifre che stridono con le malcelate difficoltà di bilancio dei bianconeri, salvaguardate per ora dall'accesso alla prossima Champions League. Ma tant'è, se l'Inter ha dovuto sborsare 12 milioni l'anno per riportare a casa lo scudetto, sfruttando la furia agonistica e la voglia di rivalsa di Conte, per Agnelli non dev'esser stato difficile staccare un cospicuo assegno per l'attore protagonista del ciclo più lungo del club torinese, incidentalmente amico personale del presidente.

Una linea, questa, che sembra essere condivisa anche dalla proprietà americana della Roma che, con un autentico colpo ad effetto, ha rianimato una tifoseria frustrata dall'ennesima stagione avara di soddisfazioni con l'annuncio bomba di José Mourinho. Un approdo che, in tempi di campagna abbonamenti, avrebbe significato una presa d'assalto dei botteghini come nella Capitale non si vedeva dai tempi di Batistuta. Oggi, invece, bisogna accontentarsi di un +21% in Borsa. Prima gli allenatori e poi, eventualmente, i giocatori sembra essere dunque il leitmotiv della campagna acquisti per l'estate 2021, peraltro ancora in attesa del via ufficiale.

Nelle stesse ore in cui Conte trattava l'exit strategy per non dover sopportare un'Inter in apparente dismissione, una riunione fiume portava a un sorprendente prolungamento di contratto tra la Lazio e Simone Inzaghi, l'uomo che più di ogni altro sembrava essere l'erede designato dell'ex ct azzurro sulla panchina dei campioni d'Italia. E solo il giorno prima la Fiorentina aveva annunciato in pompa magna l'arrivo di Gattuso, congedato con un laconico tweet di commiato da De Laurentiis non più tardi di domenica sera, a pochi minuti dalla cocente delusione per il mancato ingresso del Napoli in Champions.

Se nella passata stagione la ridotta finestra di mercato tra il termine del campionato post lockdown e l'avvio della Serie A 20-21 aveva ingessato le big, fatta eccezione per l'azzardo Pirlo pagato a caro prezzo dalle parti della Continassa, ora sembra evidentemente prevalere la voglia di rivoluzione. Solo cinque i cambi al via della passata stagione, numero che difficilmente sarà superato per i confermati di quella a venire. D'altronde, che per l'allenatore non si badi più a spese, nemmeno in tempi di magra, lo dimostra pure la scelta del Bayern Monaco, che non ha esitato più di tanto a pagare 25 milioni di euro per strappare l'enfant prodige Julian Nagelsmann al Lipsia e farne l'erede di Hans-Dieter Flick, divenuto nel frattempo commissario tecnico della Nazionale tedesca. Un allenatore di soli 33 anni sulla panchina del club più solido e tra i più forti al mondo, mentre in Italia nessuno pare aver avuto il coraggio di scommettere su Roberto De Zerbi, anni 41, e un futuro immediato nella riserva brasiliana in Ucraina dello Shakhtar Donetsk.

Ma questa, si sa, è un'altra storia.

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