Politica internazionale

Da Bologna alla jihad: ecco la "rete" italiana del terrorista di Bruxelles

A ottobre Lassoued uccise tre persone in Belgio. Il blitz di Ros e Digos in 14 province: 18 nordafricani indagati

Da Bologna alla jihad: ecco la "rete" italiana del terrorista di Bruxelles

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Un'operazione dal Nord al Sud del Paese per smantellare la rete logistica su cui poteva contare, in Italia, Abdesalem Lassoued. Era già noto che il 45enne tunisino - che lo scorso 16 ottobre a Bruxelles ha sparato su tre persone con un fucile automatico, uccidendo due cittadini svedesi che erano in città per assistere all'incontro della loro nazionale di calcio, prima di essere ucciso dalla polizia in un bar il mattino successivo avesse girato l'Italia in lungo e in largo dopo il suo sbarco a Lampedusa, a inizio 2011.

Ora però i militari del Ros dei Carabinieri e gli agenti della Digos di Bologna, col supporto del Raggruppamento Operativo Speciale di Roma e della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, hanno scoperchiato quella rete di appoggi, costruita sui social network, eseguendo ieri mattina un decreto di perquisizione emesso dal procuratore capo di Bologna, Giuseppe Amato, e dal Pm della Dda e Antiterrorismo della stessa procura Stefano Dambruoso.

Al setaccio sono finiti in 18, tutti nordafricani residenti in quattordici diverse province italiane: Bologna, Brescia, Como, Fermo, Ferrara, Lecco, Macerata, Teramo, Palermo, Perugia, Roma, Torino, Trento e Udine. Il blitz scattato ieri mattina è il primo frutto delle indagini innescate nel nostro Paese dall'attacco nella capitale belga, e coadiuvate dai canali di cooperazione internazionale, avviate già all'indomani dell'attentato con polizia belga ed Europol.

Elementi, questi, che hanno consentito di fare piena luce sui contatti mantenuti in Italia da Abdesalem Lassoued. Dopo lo sbarco a Lampedusa e un passaggio da Porto Empedocle, il futuro terrorista arriva a Torino dove gli viene rilasciato un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Lascia l'Italia per la Norvegia e la Svezia, dove viene arrestato e a pena finita rispedito in Italia. Rieccolo proprio a Bologna dove, a maggio 2016, come già acclarato a ottobre dal Viminale, presenta domanda di protezione internazionale nonostante la Tunisia lo segnali come «elemento pericoloso e radicalizzato». La domanda viene rigettata, Abdesalem finisce al Cie di Caltanissetta ma presenta ricorso e il tribunale di Bologna sospende il no alla richiesta, permettendogli di assicurarsi un altro permesso di soggiorno, lasciare il Cie e, nello stesso anno, spostarsi in Belgio, accompagnato invano - da un alert delle nostre forze dell'ordine come persona a forte rischio di radicalizzazione.

Come è andata a finire lo racconta la cronaca, mentre ora si stringe il cerchio sui 18, per Ros e Digos «appartenenti alla cerchia relazionale virtuale del citato cittadino tunisino», e tutti «usuari di profili social con contenuti tipici degli ambienti dell'estremismo di matrice confessionale».

Le posizioni di tutti gli «amici di social» dell'attentatore di Bruxelles sono in corso di valutazione per verificare la regolarità della loro permanenza in Italia, ma perquisizioni e accertamenti hanno già permesso di individuare, spiegano gli investigatori, «altri stranieri nei cui confronti si è definito l'iter per l'allontanamento dal territorio nazionale con provvedimenti amministrativi di espulsione».

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