Economia e finanza

Farsa del gas: Mosca vende a Belgio e Spagna

Sono i principali acquirenti, dopo la Cina. Un ostacolo al progetto italiano di hub

Farsa del gas: Mosca vende a Belgio e Spagna

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È la beffa o, meglio, la farsa del gas. E l'Unione Europea, o almeno alcuni dei suoi governi, l'interpretano alla perfezione continuando ad acquistare quel gas liquido (Gln) russo che - pur non essendo sanzionato - dovrebbe esser evitato come il veleno da qualsiasi esecutivo fedele alle politiche dell'Unione. Ma evidentemente più della politica e delle direttive di Bruxelles contano, come sempre, l'interesse e la convenienza. A raccontarlo è il Financial Times, che riprendendo i dati diffusi dall'organizzazione «Global Witness» rivela come nei primi sette mesi del 2023 Belgio e Spagna siano diventati i secondi e terzi acquirenti di Gln russo dopo la Cina. Grazie ai cospicui ordini di Bruxelles e Madrid, tra gennaio e luglio di quest'anno sono entrati in Europa 21,6 milioni di metri cubici di gas liquido prodotto e commercializzato da Mosca. Una quantità non proprio indifferente. In termini di quota di mercato rappresenta infatti il 16% di tutto il gas liquido (133,5 milioni di metri cubici) acquistato dai Ventisette. E non indifferente è il suo valore, visto che gli acquisti di Spagna e Belgio hanno garantito a Mosca entrate pari a 5 miliardi e 290 milioni di euro.

A rendere il tutto più farsesco s'aggiunge il ruolo dei due paesi accusati di alimentare il giro d'affari di Mosca. Pur essendo sulla carta la capitale dell'Unione, Bruxelles non si fa problemi ad accogliere nel porto di Zeebrugge - uno dei più attrezzati del Vecchio Continente per il trasferimento del Gln - gran parte dei quantitativi destinati al mercato europeo. Una disponibilità non proprio in linea con le parole di Kadri Simson, il Commissario per l'energia convinto che il blocco dei 27 «possa e debba liberarsi quanto prima da ogni dipendenza dal gas russo pur senza dimenticare la sicurezza degli approvvigionamenti». Da questo punto di vista, l'esempio peggiore lo offre la Spagna, paese responsabile - dal primo luglio scorso - del semestre di Presidenza europea. Un incarico preceduto dalle rigorose dichiarazioni di Teresa Ribeira, il ministro dell'energia di Madrid che - non più tardi dello scorso marzo - definiva «assurda» l'assenza di sanzioni sul gas russo e invocava un brusco cambiamento di rotta da parte di tutti i paesi dell'Unione.

Spagna e Belgio non sono i soli a predicar bene e a razzolare male. Sempre stando ai dati diffusi da Global Witness una parte dei volumi esportati dalla Russia vengono trasportati in Europa e commercializzati attraverso la Total. Non male per una Francia dove - agli inizi del conflitto in Ucraina - il presidente Emmanuel Macron invitava a sopportare il costo delle sanzioni definendole «prezzo della libertà». Ma gli scivoloni di Parigi, Bruxelles e Madrid risultano ancor più ingiustificati e inammissibili se si guarda ai salti mortali fatti da paesi come Germania e Italia. Berlino, nuovo grande malato d'Europa, paga la distruzione dei gasdotti Nord Stream e la rinuncia all'energia russa con una recessione responsabile del crollo del suo prodotto interno lordo e della sua produzione industriale. L'Italia, oltre a far i conti con le conseguenze della crisi tedesca, non può dimenticare i salti mortali dei governi Draghi e Meloni per diversificare, in collaborazione con i vertici dell'Eni, le proprie forniture energetiche. In un simile contesto, il prolungarsi degli acquisti di gas russo da parte di Belgio, Spagna e Francia non è un semplice sgarbo politico e commerciale.

L'atteggiamento di Bruxelles, Madrid e Parigi - accompagnato dall'indifferenza delle autorità europee - rappresenta in questo momento un serio ostacolo a uno dei principali progetti a lungo termine, ovvero la trasformazione della penisola in centro di smistamento del gas liquido proveniente dai paesi con cui abbiamo raggiunto nuove intese.

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